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Santi del 13 Novembre

Il mio Santo > I Santi di Novembre

*Sant'Abbone di Fleury - Abate (13 novembre)

Martirologio Romano: Nel monastero di La Réole nella Guascogna in Francia, transito di Sant’Abbone, abate di Fleury, uomo mirabilmente versato nella Sacra Scrittura e nelle lettere, che, difensore della disciplina monastica e coraggioso promotore di pace, morì trafitto da una lancia.
Nacque presso Orléans tra il 945 e il 950 e fu affidato, ancora fanciullo, all'abbazia di San Benedetto sulla Loira (Fleury), dove apprese grammatica, dialettica e aritmetica.
Fece tali progressi negli studi da ottenere, ancora giovanissimo, l'incarico di dar lezione nella scuola del monastero. Ma non soddisfatto degli studi fatti, si recò a Parigi e a Reims, dove apprese astronomia, quindi tornò a Orléans, dove si perfezionò in musica.
Terminata la sua formazione con lo studio della retorica e della geometria, riprese l'insegnamento nel monastero di Fleury.
In questo tempo compose un'opera sui Syllogismi dialectici e alcuni scritti di calcolo e di astronomia per confutare l'opinione di coloro che annunziavano la fine del mondo per l'anno mille. Sotto la sua direzione la scuola del monastero fu fiorente; è interessante notare, tra l'altro, che vi si praticava anche l'insegnamento della tachigrafla.
Nel 982 fu chiamato da sant' Osvaldo, arcivescovo di York, a dirigere la scuola abbaziale di Ramsey. In Inghilterra Abbone fu tenuto in grande reputazione e potè stringere legami di profonda amicizia con eminenti personalità religiose e  civili del tempo.
Due anni dopo fece ritorno a Fleury e nel 988 ne fu nominato abate. La nuova carica diede un altro indirizzo ai suoi studi: bisognava difendere i diritti del monastero, minacciati dal vescovo di Orléans, Arnolfo; doveva pensare al governo spirituale e materiale della sua grande comunità; poi,
portato dalle circostanze, fu coinvolto anche in problemi che riguardavano i rapporti dei vescovi con il re, e del re con il papa.
L'ostilità del vescovo Arnolfo si esasperò fino a tal punto che un giorno, mentre Abbone si recava a Tours per la festa di san Martino, fu aggredito assieme ai suoi compagni da un gruppo di ladroni, che ne ferirono parecchi. Abbone lottò contro il re Ugo Capeto per sostenere il diritto dei vescovi alle decime del raccolto; in questa occasione scrisse il suo Apologeticus, indirizzato ai re Ugo e Roberto, nel quale tratta delle vergini e delle vedove,  dell'agricoltura e della guerra, del matrimonio e della simonia.
La sua aspirazione a instaurare la legge del diritto  contro i soprusi dei potenti lo indusse a compilare una raccolta di Canoni, in cui si propone di chiarire i diritti e i doveri del potere civile, e la posizione dei monaci di fronte ai vescovi.
Mandato a Roma nell'aprile del 996 e nell'autunno dell'anno seguente da Ugo Capeto a scongiurare un interdetto papale per il matrimonio del sovrano Roberto II con Berta, Abbone tornò in Francia convinto difensore del Papa, suscitando le ire del re, che però indusse all'obbedienza.
Ardente ammiratore delle idee di riforma che irradiavano dal monastero di Cluny, lavorò intensamente per fare anche del suo monastero un centro di intensa vita spirituale. Nel 1004 si accinse a un viaggio in Guascogna per far visita al monastero di La Réole e ristabilirvi l'osservanza religiosa.
Ma durante una sommossa scoppiata a La Réole tra Franchi e Guasconi, Abbone rimase ferito gravemente e pochi giorni dopo morì (13 novembre 1004). Abbone fu uno degli scrittori più fecondi del suo tempo.  
I primi indizi di un culto pubblico tributato a questo santo risalgono all'anno 1031; la sua festa si celebra il 13 novembre.
(Autore: Andrea Tessarolo – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria -  Sant'Abbone di Fleury, pregate per noi.

*Sant'Agostina (Livia) Pietrantoni - Religiosa (13 novembre)

Pozzaglia Sabina, 27 marzo 1864 - Roma, 13 novembre 1894
Sant'Agostina Pietrantoni (al secolo Livia) morì non ancora 30enne pugnalata da un suo assistito all'ospedale Santo Spirito di Roma.
Era il 13 novembre del 1894. Giuseppe Romanelli - uno dei malati più violenti - l'aveva minacciata più volte.
Ma lei aveva continuato ad aiutare sia lui che la mamma cieca. Così si concluse una vita dedicata agli altri. Livia era nata a Pozzaglia Sabina nel 1864.
A 22 anni entrò tra le Suore della carità di Santa Giovanna Antida Thouret e fu mandata nel celebre ospedale, detto il «ginnasio della carità cristiana».
Vi trovò un ambiente ostile alla fede (siamo in piena questione romana) e la morte. (Avvenire)
Etimologia: Agostina = piccola venerabile, dal latino
Martirologio Romano: A Roma, Santa Agostina (Livia) Pietrantoni, vergine della Congregazione delle Suore della Carità, che si dedicò nell’ospedale di Santo Spirito con cristiana misericordia alla cura degli infermi e morì accoltellata da un malato preso da furore omicida.
Una terra... una famiglia
"C'era una volta, e ancora c'è, con volto nuovo, un villaggio chiamato Pozzaglia, nei colli della Sabina... e c'era là una casa o benedetta, nido pieno di voci infantili, tra le quali, quella di Oliva, chiamata poi Livia, che cambierà il nome domestico in quello religioso di Agostina...".
La breve vita di Suor Agostina, che ha ispirato a Paolo VI, il Papa della sua beatificazione nel 1972, accenti di straordinaria poesia per tracciarne il percorso, prende avvio e si dipana così:
"semplice, limpida, pura, amorosa... e alla fine... dolorosa e tragica... anzi... simbolica ". 27 marzo 1864. Nel piccolo paese di Pozzaglia Sabina, 800 metri di altitudine, nella bella zona geografica tra Rieti, Orvinio, Tivoli, nasce e viene battezzata Livia: seconda di 11 figli! Francesco Pietrantoni e Caterina Costantini, i genitori, piccoli agricoltori, lavorano la loro terra e qualche appezzamento in affitto. L'infanzia e la giovinezza di Livia respirano i valori della famiglia onesta, laboriosa, religiosa, e sono segnati soprattutto dalla saggezza di nonno Domenico, vera icona patriarcale nella casa benedetta, dove "tutti badavano a fare bene e si pregava spesso...".
A quattro anni, Livia riceve il sacramento della Cresima e intorno al 1876 fa la sua prima comunione, con unaconsapevolezza certamente straordinaria a giudicare dalla sua vita successiva di preghiera, di generosità, di donazione. Presto impara da mamma Caterina le attenzioni e i gesti della maternità che esprime con dolcezza tra i numerosi fratellini, nella grande famiglia, dove tutti sembrano avere diritto al suo tempo e al suo aiuto. Lavora nei campi e si prende cura degli animali... Conosce perciò poco i giochi e... la scuola, eppure riesce a trarre un grande profitto dalla sua irregolare frequenza, tanto da meritare, dalle sue compagne, il titolo di " professora".
Lavoro e... fierezza
A sette anni inizia a " lavorare ", con altri bambini, trasportando a migliaia, secchi di ghiaia e sabbia per la costruzione della strada Orvinio-Poggio Moiano. A dodici, parte con le altre giovanette " stagionali " che nei mesi invernali si recano a Tivoli, per la raccolta delle olive. Livia, precocemente saggia, assume la responsabilità morale e religiosa delle giovani compagne, le sostiene nella durezza del lavoro, lontano dalla famiglia e dal paese, tiene testa con fierezza e coraggio a " caporali " prepotenti e senza scrupoli.
Vocazione e distacco
Livia è una ragazza piacevole per la saggezza, il senso dell'altro, la generosità, la bellezza... e diversi giovani, in paese, hanno gli occhi su di lei. A mamma Caterina non sfuggono gli sguardi di ammirazione e sogna una buona collocazione per la figlia. Ma Livia cosa pensa? Quale segreto custodisce? Perché non sceglie? Perché non decide? "Livia... fatta audace dalla voce che parla dentro, la vocazione, si arrende: Cristo sarà l'amore, Cristo lo Sposo... ". La sua ricerca si orienta verso una vita di sacrificio. A chi, in famiglia e nel paese, vuole distoglierla dalla sua decisione, definendola una fuga dalla fatica, Livia risponde " Voglio scegliere una congregazione dove c'è lavoro per il giorno e la notte " e tutti sono certi dell'autenticità di queste parole. Un primo viaggio a Roma, in compagnia dello zio fra Matteo, si conclude con una delusione cocente: il rifiuto di accoglierla. Qualche mese dopo però, la Superiora generale delle Suore della Carità di S. Giovanna Antida Thouret, la Madre Giuseppina Bocquin, le fa sapere che l'aspetta nella Casa generalizia di Via S. Maria in Cosmedin. Livia avverte che questa volta l'addio è per sempre. Con emozione saluta i paesani, ogni angolo del villaggio, i luoghi di preghiera: la Parrocchia, la Madonna della Rifolta; abbraccia i suoi famigliari; in ginocchio riceve la benedizione di nonno Domenico, " bacia la porta della sua casa, vi traccia un segno di croce, e corre via".
Formazione e servizio
23 marzo 1886. Livia ha 22 anni, quando arriva a Roma, via S. Maria in Cosmedin. Alcuni mesi di Postulato e di Noviziato bastano per provare che la giovane ha la stoffa della Suora della Carità, cioè della "serva dei poveri", secondo la tradizione di San Vincenzo de' Paoli e di Santa Giovanna Antida. Livia porta infatti in convento, dall'eredità famigliare, un materiale umano particolarmente solido, che offre ogni garanzia. Quando veste l'abito religioso e le viene imposto il nuovo nome di Suor Agostina, si accorge che dovrà essere lei ad incarnare una santa con tale nome: non le risulta infatti una Santa Agostina!
Inviata all'ospedale Santo Spirito, glorioso per la sua storia di 700 anni e definito "il ginnasio della carità cristiana", Suor Agostina aggiunge il suo contributo personale sulle orme dei santi che l'hanno preceduta tra i quali Carlo Borromeo, Giuseppe Calasanzio, Giovanni Bosco, Camillo De Lellis... e in quel luogo di dolore esprime la carità fino all'eroismo.
Silenzio, preghiera e bontà
Il clima in ospedale è ostile alla religione: la questione romana avvelena gli animi: vengono cacciati i Padri Cappuccini, viene bandito il Crocifisso e ogni altro segno religioso... Si vorrebbero allontanare anche le Suore, ma si teme l'impopolarità: a loro si rende la vita "impossibile" ed è proibito parlare di Dio. Suor Agostina però, non ha bisogno della bocca per "gridare Dio" e nessun bavaglio può impedire alla sua vita di annunciare il Vangelo! Il suo servizio, prima nel reparto dei bambini e, dopo il contagio mortale, da cui miracolosamente guarisce, nella corsia di disperazione e di morte dei tubercolosi, esprime la sua totale dedizione e la sua straordinaria attenzione ad ogni paziente, soprattutto ai più difficili, violenti e osceni, come il "Romanelli".
In segreto, in un piccolo angolo nascosto, ha trovato un posto alla Vergine Maria perchè rimanga nell'ospedale; a lei affida i suoi "raccomandati" e le promette altre veglie, maggiori sacrifici, per ottenere la grazia della conversione per i più ostinati. Quante volte le ha presentato Giuseppe Romanelli? È il peggiore di tutti, il più volgare ed insolente, soprattutto con Suor Agostina che moltiplica, a suo riguardo, le attenzioni ed accoglie con grande bontà la mamma cieca quando viene a visitarlo. Da lui ci si può aspettare di tutto, tutti ne sono infastiditi.
Quando, dopo un'ennesima bravata a danno delle donne della lavanderia, il Direttore lo espelle dall'ospedale, la sua rabbia vuole trovare un bersaglio e la inerme Suor Agostina è la vittima designata. "Ti ucciderò con le mie mani!", "Suor Agostina, non hai più che un mese da vivere!" sono le minacciose espressioni che le fa giungere a più riprese, attraverso biglietti.
Romanelli non scherza affatto, ma neppure Suor Agostina fissa limiti alla sua generosità per il Signore... È pronta a pagare perciò, con la sua vita, il prezzo dell'amore, senza fughe, senza accuse... Quando il Romanelli, la sorprende e la colpisce crudelmente, senza scampo, quel 13 novembre 1894, dalle sue labbra escono solo l'invocazione alla Vergine e le parole del perdono.
(Fonte: Santa Sede)
Giaculatoria - Sant'Agostina Pietrantoni, pregate per noi.

*Santi Antonino, Niceforo, Zebina, Germano e Manatha - Martiri (13 novembre)
m. Cesarea (Palestina), 308
Il Martyrologium Romanum commemora in data odierna la passione dei santi Antonino, Niceforo,
Zebina, Germano e Manatha, vergine.
Quest’ultima, sotto l’imperatore Galerio Massimino, fu massacrata di botte e quindi data alle fiamme.
Gli altri invece, per aver pubblicamente accusato di empietà il governatore Firmiliano che sacrificava ai falsi dei pagani, vennero decapitati presso Cesarea di Palestina.
Martirologio Romano: A Cesarea in Palestina, passione dei Santi martiri Antonino, Niceforo, Zebina, Germano e Mánatas, vergine.
Costei, dopo aver patito la fustigazione, fu poi messa al rogo sotto l’imperatore Galerio Massimino; gli altri, invece, furono decapitati per avere accusato di empietà con coraggio e schiettezza il governatore Firmiliano, perché immolava agli dèi.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Antonino, Niceforo, Zebina, Germano e Manatha, pregate per noi.

*Santi Arcadio, Pascasio, Probo, Eutichiano e Paulillo - Martiri (13 novembre)

Martirologio Romano: In Africa, commemorazione dei Santi martiri spagnoli Arcadio, Pascasio, Probo ed Eutichiano, che, non tollerando in nessun modo di asservirsi all’eresia ariana, furono dapprima defraudati dei loro beni dal re dei Vandali Genserico, poi mandati in esilio e sottoposti ad atroci torture e, infine, trucidati con diversi generi di martirio.
Rifulse nella circostanza anche la fermezza del piccolo Paolillo, fratello di Pascasio ed Eutichiano, che per la sua tenace determinazione nel mantenersi nella fede cattolica fu a lungo percosso a colpi di bastone e poi condannato alla più vile schiavitù.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Arcadio, Pascasio, Probo, Eutichiano e Paulillo, pregate per noi.

*San Brizio di Tours - Vescovo (13 novembre)
m. 444
Nativo della Turenna, Brizio fu affidato a san Martino che lo portò con sé nel monastero di Marmoutier dove, completata l'educazione, emise i voti religiosi. Il suo carattere ribelle lo portò ad avversare il suo stesso maestro. Tuttavia nel 397 si trovò a succedergli sulla cattedra di Tours.
Dopo trentatré anni di episcopato, uno scandalo ravvivò antichi malumori nei suoi confronti.

Destituito, partì per Roma, lasciando il posto a Giustiniano e poi ad Armenzio, con la speranza di essere riabilitato dal papa. Rimase a Roma per sette anni e, riconosciuto finalmente innocente, tornò a Tours dove guidò la comunità locale ancora per sette anni.
Edificò una modesta chiesa in onore di san Martino, nella quale depose il suo corpo, e cinque parrocchie nei villaggi di Clion, Brèches, Ruan, Rédoré, Chinon. Morì nel 444. (Avvenire)  
Patronato: Calimera (LE)
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Tours nella Gallia lugdunense, ora in Francia, San Brizio, vescovo, che, discepolo di San Martino, succedette al maestro e per quarantasette anni fece più volte fronte a varie avversità.
La Vita di Brizio fu scritta da San Gregorio di Tours e reca incorporato in alcuni manoscritti un capitolo dei Dialoghi di Sulpicio Severo nel quale B. viene chiamato col nome di Brictio, Brissone. Nativo della Turenna, Brizio fu affidato a San Martino che lo portò con sé nel monastero di Marmoutier dove, completata l'educazione, pronunziò i voti.
Ribelle per natura, pretendeva di mantenere schiavi e scuderia, finché, sdegnato per la muta disapprovazione dei monaci, tentò di vendicarsi osservando San Martino per cercare di coglierlo in fallo. Ma la vita di questi era irreprensibile e Brizio, non potendo far nulla, io derideva pubblicamente. I monaci chiesero spesso a San Martino di punirlo, ma il santo replicava ogni volta: "Se Cristo ha sopportato Giuda, non debbo io sopportare Brizio?".
Secondo Gregorio di Tours, lo stesso Martino gli predisse l'episcopato. Brizio, infatti, gli succedette sulla cattedra di Tours nel 397 non senza opposizione da parte degli antichi con fratelli. Due lettere del pontefice Zosimo del settembre 417 attestano che Lazzaro, futuro
vescovo di Aix, accusò Brizio in numerosi concili fino a quello di Torino del 401 nel quale, però, le accuse furono dimostrate faziose.
Dopo trentatré anni di episcopato, uno scandalo ravvivò gli antichi malumori. L'accusa era grave: trattava di un figlio che Brizio avrebbe avuto da una religiosa incaricata di governare il suo guardaroba. Il vescovo fu allora minacciato di lapidazione e, malgrado l'intervento di alcuni difensori, destituito.
Partì per Roma, lasciando il posto a Giustiniano e poi ad Armenzio, con la speranza di essere riabilitato dal pontefice. Rimase a Roma per sette anni e, riconosciuto finalmente innocente, tornò a Tours dove governò un egual numero di anni.
Edificò una modesta chiesa in onore di San Martino nella quale depose il suo corpo, e cinque parrocchie nei villaggi di Clion, Brèches, Ruan, Rédoré, Chinon.
Morì nel 444 e fu sepolto nella chiesa di San Martino. Il suo culto era fiorente a Tours già pochi anni dopo la morte. La festa si celebra il 13 novembre giorno anniversario della depositio. In tale data è ricordato nel Martirologio Geronimiano e nel Romano.
(Autore: Gilbert Bataille – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Brizio di Tours, pregate per noi.

*Beato Carlo Lampert - Sacerdote e Martire (13 novembre)
Göfis, Austria, 9 gennaio 1894 - Halle sulla Saale, Germania, 13 novembre 1944
Lampert era nato a Göfis, nel Vorarlberg, nel 1894.
Aveva frequentato il seminario a Bressanone dove nel maggio del 1918 era stato ordinato sacerdote dal principe vescovo Franz Egger.
Il successore di Egger, Mons. Sigismund Waitz, dopo dodici anni di servizio pastorale a Dornbirn, lo mandò a Roma per studiare diritto canonico.

Tornò ad Innsbruck nel 1938, l’anno dell’Anschluss.
Ebbe dapprima la funzione di officiale del tribunale diocesano e poi, nel 1939, di provicario del nuovo vescovo Paul Rusch, amministratore apostolico del territorio Innsbruck-Feldkirch.
Fu in questa sua veste di provicario che egli entrò più volte in conflitto col regime nazista rappresentato dal Gauleiter Franz Hofer e dal capo della Gestapo di Innsbruck Werner Hilliges.
Un primo fatto fu la sua opposizione allo smantellamento di un monastero nel capoluogo tirolese.
Fu poi accusato di aver inoltrato alla nunziatura un rapporto di denuncia delle intromissioni del regime hitleriano nella vita della Chiesa.
Un terzo episodio è collegato alla morte di Otto Neururer (maggio 1940), il parroco di Götzens beatificato come martire nel 1996 da Giovanni Paolo II.
Nel suo necrologio, che si dice ispirato appunto da Lampert, si scrive a chiare lettere: “Non dimenticheremo come egli è morto”.
Questi fatti condussero il provicario tre volte all’arresto ed infine all’internamento nei lager di Dachau e di Sachsenhausen.
Sulla giacca gli cucirono il triangolo rosso, contrassegno dei prigionieri politici.
Mons. Lampert fu liberato nell’agosto del 1940 ma costretto al confino in Pomerania.
Qui fu costantemente tenuto sotto controllo dalle spie del regime che registrarono ogni suo atto e ogni sua parola.
Trasferitosi per aiutare nella cura d’anime da Stettino nella località di Zinnowitz (sull’isola di
Usedom), il provicario venne a trovarsi in una situazione delicata.
La parrocchia si trovava a poca distanza da Peenemünde, centro della produzione dei missili V1 e V2.
Nella cappella dell’isola egli celebrava regolarmente la messa.
Alla funzione seguiva di solito un piccolo incontro conviviale con le suore e alcuni fedeli.
Si ascoltava radio Londra e si facevano commenti.
Fu relativamente facile, per i delatori, collegare questa situazione all’accusa di diffondere informazioni relative alle armi realizzate nell’isola.
Lampert fu arrestato e condannato a morte.
La sentenza fu eseguita per decapitazione a Halle sulla Saale (Sassonia) alle 16 del 13 novembre 1944.
(Fonte: www.vitatrentina.it)
Giaculatoria - Beato Carlo Lampert, pregate per noi.

*San Dalmazio di Rodez - Vescovo (13 novembre)
Sec. VI

Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Rodez in Aquitania, San Dalmazio, vescovo, la cui generosità verso i poveri è lodata da San Gregorio di Tours.
Nel mondo romano, e specialmente nella tarda latinità, erano frequenti i nomi propri che indicavano la provenienza di una persona, o della sua famiglia, da una certa provincia dell'Impero.
Così, chi era originario della Siria poteva esser chiamato Siro, chi veniva dalla Mauretania, Mauro, chi discendeva da una tribù scozzese, Scoto.
Oggi, per esempio, il Martirologio commemora un Dalmazio. cioè a stare al significato del nome, un cittadino della Dalmazia, e un Brizio, cioè un cittadino della Britannia.
Quello di oggi non è l'unico Santo di nome Dalmazio: ce ne sono altri due o tre, uno dei quali festeggiato il 3 agosto insieme con il figlio San Fausto.
Egli fu Abate a Costantinopoli al tempo di Teodosio il Grande, e passò gran parte della sua vita nella solitudine e nello studio.
Tenace e sapiente oppositore delle eresie del suo tempo, ruppe il proprio isolamento soltanto per recarsi al famoso Concilio di Efeso nel quale fu esaminata e finalmente condannata la dottrina eretica di Nestorio, Patriarca di Costantinopoli.
Per il valido aiuto dato alla causa dell'ortodossia cattolica, sostenuta soprattutto da San Cirillo, il quale riuscì a fare approvare il dogma della divina maternità della Madonna, San Dalmazio ebbe l'onore di venir detto" Avvocato del Concilio di Efeso".
Un altro San Dalmazio, festeggiato il 5 dicembre, vien detto Vescovo di Pavia. Il suo episcopato sarebbe stato brevissimo, perché interrotto con la spada dalla persecuzione di Diocleziano, l'Imperatore dalmata, non di nome, ma di fatto, perché nato a Spalato, e che potrebbe definirsi il "pericolo pubblico numero uno" dei cristiani, a causa della sua improvvisa, lunga e crudelissima persecuzione, che fu anche l'ultima.
Veramente, le reliquie di questo San Dalmazio non si trovano a Pavia, ma in provincia di Cuneo, e dettero il nome a Borgo San Dalmazzo. Più tardi, prima del Mille, vennero riposte ad Asti.
Il San Dalmazio di oggi fu un francese, Vescovo di Rodez, luminoso per saggezza nei burrascosi tempi dei trapasso tra la dominazione dei Visigoti e il regno dei Franchi.
Si sa che intervenne autorevolmente in molti ConciIi delle Chiese francesi, e i biografi gli attribuiscono diversi interventi miracolosi.
Il più sensazionale, sarebbe stato quello del condannato a morte, per il quale inutilmente San Dalmazio aveva chiesto la grazia ai giudici.
Quando fu impiccato, il corpo del disgraziato levitò prodigiosamente in aria, senza gravare sul capestro. Perciò, quando si andò per seppellirlo, venne trovato ancora vivo, e per quella volta scampò alla morte ignominiosa.
Un simile miracolo, osserva un biografo, uguaglia San Dalmazio, vissuto nel VI secolo, al grande San Martino, festeggiato due giorni fa e la cui luce è presente, nel Martirologio, in questo periodo dell'anno, che anche popolarmente, e con riferimento al clima, vien detto "estate di San Martino".
Si tratta per San Dalmazio, di un complimento ambitissimo, perché il Vescovo di Tours venne considerato dai Francesi, per molti secoli, culmine e perfezione della santità, specialmente dei Vescovi e dei missionari.
Una specie di pietra di paragone, sulla quale la virtù dei Santi vissuti più tardi poteva essere provata e misurata, senza esserne mai immiserita o umiliata.
(Fonte: Archivio della Parrocchia)
Giaculatoria - San Dalmazio di Rodez, pregate per noi.

*San Donato - Abate di Montevergine  (13 novembre)
Montevergine, † 1219

Il nome di questo Santo abate della celebre abbazia di Montevergine in Irpinia, compare nella lista degli abati e governò dal 1206 al 1219.
Si dimostrò un attivissimo Superiore Generale della Congregazione Verginiana, fondata da San Guglielmo da Vercelli; saggio amministratore dei beni feudali dell’abbazia, allargò il campo di azione dei monaci verginiani, con nuove fondazioni alle dipendenze della Casa madre, non solo nell’Italia Meridionale, ma anche in Sicilia, dove fondò il monastero della Roccella presso Collesano (Palermo).
Per la sua oculata amministrazione, si guadagnò largamente la stima ed il favore dell’imperatore Federico II, il quale elargì all’abbazia di Montevergine, grazie, privilegi ed esenzioni.
Un’antica tradizione narra che dopo la sua morte, avvenuta nel 1219, il corpo fu trasportato nella città di Acerno (Salerno), suo paese d’origine.
E in questa cittadina fin dal ‘500 se ne celebrava la festa ‘ab immemorabili’ con il titolo di santo, nella seconda domenica di luglio, poi soppressa nel 1836; a Montevergine invece giacché non c’era il corpo, non se ne celebrava la memoria.
È abbinato nella celebrazione con altri abati di Montevergine, Berardo, Marco, Pascasio ed il monaco Giodaco, al 13 novembre, ma le notizie che li riguardano sono incertissime e scarse; di essi Donato è l’unico noto nella storia dell’Abbazia.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Donato, pregate per noi.

*Sant’Eugenio II di Toledo - Vescovo  (13 novembre)
+ Toledo, Spagna, 657
Martirologio Romano:
A Toledo in Spagna, Sant’Eugenio, vescovo, che si adoperò per rinnovare la sacra liturgia.

Il primo vescovo di Toledo a portare il nome di Eugenio, astronomo e matematico, pare essere un personaggio non storico.
Notizie invece assai più certe vi sono sul suo successore, Sant’Eugenio, goto di Spagna, fattosi monaco a Saragozza.
Per sfuggire alla nomina episcopale si nascose in un cimitero, ma infine fu costretto ad accettare la consacrazione.
Compose svariate opere poetiche in prosa ed in versi, alcune ancora conservate.
Probabilmente fu inoltre musicista di talento, poiché tentò di migliorare la scarsa qualità dei canti
liturgici del tempo.
Amministrò con grande saggezza la sede episcopale affidatagli, lasciando impresso un profondo ricordo in tutti coloro che lo conobbero.
Alla sua morte, nel 657, gli succedette suo nipote Sant’Ildefonso.
Il Santo oggetto della presente non deve essere confuso con alcuni suoi omonimi, in particolare quelli festeggiati sempre nel mese di novembre.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant’Eugenio II di Toledo, pregate per noi.

*Sant'Eulogio di Ivrea - Vescovo  (13 novembre)
V secolo

Nel vasto panorama dei primi vescovi delle antiche diocesi piemontesi è fuori dubbio che gli unici due che rivestano un interesse per la Chiesa universale siano Sant’Eusebio di Vercelli, ricordato anche nel Calendario liturgico Romano, e San Massimo di Torino, annoverato tra i padri minori della Chiesa latina.
Assai meno noti, ma non meno importanti in quanto primi padri nella fede delle comunità loro affidate, sono Gaudenzio di Novara, Maggiorino di Acqui, Eustasio di Aosta ed Eulogio di Ivrea.
Quest’ultimo, anticamente ricordato in data odierna, è tradizionalmente ritenuto il primo vescovo dell’antica Eporedia, odierna Ivrea, capoluogo della subregione piemontese del Canavese.
Il suo nome di battesimo, Eulogio, ci fa presupporre che fosse di origine orientale: vari altri Santi di quelle zone portano infatti tale nome.
Conobbe dunque assai probabilmente Sant’Eusebio allora esiliato forzatamente e decise di seguirlo a Vercelli per entrare nel nascituro celebre cenobio da lui fondato.
Ricevette qui un’adeguata formazione e, ritenuto degno dell’episcopato, poté ricevere la consacrazione verso l’anno 430.
Partecipò al sinodo milanese del 451. Non sono purtroppo stati tramandati ulteriori dettagli circa il suo operato presso Ivrea e nell’attuale cattedrale cittadina neppure un’altare è dedicato al suo
ricordo.
Solo con la recente uscita del Proprio del Messale Romano per la Regione Pastorale Piemontese, la diocesi eporediese ha istituito nel calendario liturgico la memoria di “Sant’Eulogio e Beato Varmondo, vescovi, e tutti i Santi Pastori della Chiesa Eporediese”.
Orazione
O Dio, che hai seminato e fatto crescere il dono della fede nella chiesa eporediese
Mediante il ministero di Eulogio, Varmondo e di tutti i santi Pastori,
Fa’ che i battezzati, uniti in un solo corpo dallo Spirito di Cristo,
vivano fedelmente il tuo Vangelo,
per testimoniare la speranza e la pienezza della tua carità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Eulogio di Ivrea, pregate per noi.

*San Florido (Fiorenzo) di Città di Castello e Amanzio - Vescovo (13 novembre)

Città di Castello, 520 - Pieve de' Saddi, 13 novembre 599
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Città di Castello in Umbria, commemorazione dei Santi Fiorenzo, vescovo, del quale il Papa San Gregorio Magno attesta la retta dottrina e santità di vita, e Amanzio, suo sacerdote, pieno di carità per gli ammalati e di ogni virtù.
San Florido nacque a Città di Castello nel 520 (allora denominato Tiferno Tiberino).
I suoi genitori morirono quando lui era ancora in giovane età, studiò lettere e teologia. Verso l'anno 542 il vescovo lo nominò diacono.
Qualche tempo dopo Florido insieme ai suoi compagni Amanzio e Donnino, fuggirono a Perugia, poiché Città di Castello era stata assediata dalle truppe di Totila.
Qui il vescovo Ercolano dopo averlo conosciuto e apprezzato le sue doti lo ordinò sacerdote. Nel 544 a Pantalla, un villaggio nelle vicinanze di Todi, con la preghiera S. Florido guarì un energumeno
indemoniato, fu questo il suo primo miracolo.
Dopo sette anni di assedio Perugia, cedette per la fame, il vescovo Ercolano fu ucciso e dopo un po’ di tempo si vide qualche spiraglio di pace.
Florido fece ritornò a Città di Castello che trovò distrutta. Insieme ai concittadini superstiti edificò, una fortezza sopra le rovine della città.
Furono ricostruite le case e le chiese; la città iniziò una nuova vita.
Nel frattempo era morto anche il vescovo, il Papa Pelagio accolse la preghiera dei cittadini e Florido fu eletto vescovo.
Fu impegnato sempre nel predicare la Parola di Dio. Amministrò con giustizia e carità.
Tra i suoi amici si annovera San Gregorio Magno.
Morì a Pieve de' Saddi il 13 novembre 599 fu assistito da tre vescovi, uno dei quali Lorenzo, vescovo di Arezzo.
(Autore: Carmelo Randello – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Florido di Città di Castello e Amanzio, pregate per noi.

*Beato Giovanni (Juan) Gonga Martinez - Giovane Laico, Martire (13 novembre)

Carcaixent, Spagna, 25 marzo 1912 - Simat de Valldigna, Spagna, 13 novembre 1936
Martirologio Romano: Nel villaggio di Simat de Valldigna nel territorio di Valencia in Spagna, Beato Giovanni Gonga Martínez, martire, che versò il sangue per Cristo durante la persecuzione contro la fede.
Juan Gonga Martinez, fedele laico dell’arcidiocesi di Valencia, nacque il 25 marzo 1912 a Carcaixent in Spagna. Fu battezzato il 28 marzo 1912 e cresimato il 13 ottobre 1926, nella chiesa
parrocchiale dell’Assunzione di Nostra Signora del suo paese natale. Dopo la sua prima comunione, il 25 maggio 1922 iniziò un’ intensa vita apostolica.
Aspirante al sacerdozio, una lunga malattia lo lasciò con una salute cagionevole ostacolando dunque il raggiungimento del suo ideale. Aderì allora all’Azione Cattolica, nella quale si dimostrò assai attivo. Catechista molto efficace, riuscì ad ottenere anche alcune conversioni.
Celebre nella sua città per le opere di carità da lui promosse, già in vita era soprannominato “il Santo”. Aveva conseguito il titolo di ragioniere e trovò lavoro quale impiegato in un ufficio.
Allo scoppio della guerra civile e della feroce persecuzione religiosa che attraversò la Spagna, fu imprigionato il 25 luglio 1936 all’uscita dalla Messa, ma venne poi rilasciato e fuggì verso un’altra città. Avendo nostalgia per la sua famiglia fece però ritorno a Carcaixent, dove fu subito imprigionato ed ucciso il 13 novembre 1936 a Simat di Valldigna. Prima di spirare, con una croce nelle mani, perdonò i suoi carnefici.
Papa Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001 elevò agli onori degli altari ben 233 vittime della medesima persecuzione, tra le quali il Beato Juan Gonga Martinez, che viene festeggiato nell’anniversario del suo martirio.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Gonga Martinez, pregate per noi.

*San Gredifael (13 novembre)

Si dice che due fratelli, Gredifael e Fflewyn, abbiano fondato due chiese nell'Anglesey. Gredifael è il patrono e senza dubbio il fondatore di Penmynydd, chiamata anche dal suo nome Llanredifael ed in una cappella a lui dedicata esisteva un suo altare accanto a cui i malati di epilessia, per essere guariti, usavano passare la notte.
Esiste an­che, presso la chiesa, una fonte, chiamata Fflynnon Gredifael, dove coloro che erano affetti da verruche usavano lavarle dopo averle punte con uno spillo.
La festa di Gredifael è celebrata al 13, 14, 22, 30 novembre.
(Autore: John Stéphan - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Gredifael, pregate per noi.

*Sant'Imerio - Eremita (13 novembre)

Martirologio Romano: Nella valle della Suze nell’odierna Svizzera, Sant’Imerio, eremita, che predicò il Vangelo in questa regione.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Sant'Imerio, pregate per noi.

*Beato Josaphat Chichkov - Sacerdote e Martire (13 novembre)

Plovdiv, Bulgaria, 9 febbraio 1884 - Sofia, Bulgaria, 12 novembre 1952
Martirologio Romano: A Sofia in Bulgaria, beati Pietro Vicev, Paolo (Giuseppe) Džidžov e Giosafat (Roberto Matteo) Šiškov, sacerdoti della Congregazione degli Agostiniani dell’Assunzione, che, ingiustamente accusati di tradimento sotto un regime ateo e gettati in carcere in quanto cristiani, nel loro combattimento mortale meritarono di ricevere la ricompensa di eternità dei fedeli discepoli di Cristo.
Rober Matej Siskov nacque il 9 febbraio 1884 nella città bulgara di Plovdiv, l’antica Filippopoli, da una famiglia di convinti cattolici.
All’età di nove anni, nel settembre del 1893, Rober Matej entrò nella scuola di Kara-Agac, nei pressi di Odrin.
Il 29 aprile1900, a soli sedici anni, divenne aspirante Assunzionista a Fanarachi in Turchia ed assunse il nome religioso di Josaphat.
Nel 1904 soggiornò nella città di Luven per poter continuare i suoi studi filosofici e teologici e l’11 luglio 1909 fu ordinato sacerdote di rito latino. Dal 1914 sino al 1919, durante la Prima Guerra
Mondiale, insegnò al collegio Sant’Agostino in Plovdiv.
Nel mese di luglio del 1929 ricevette la nomina a direttore del piccolo seminario Santi Cirillo e Metodio nella citta di Jambol, ove studiavano allievi di ambo i riti, orientale e latino.
Aperto alle novità tecniche, Padre Josaphat fu il primo a Jambol a possedere ed usare la macchina da scrivere con caratteri cirillici.
Inserì inoltre il cinema nella formazione degli allievi ed organizzò serate per i giovani, che grazie a lui poterono ascoltare il grammofono per la prima volta.
Ospite privilegiato del seminario era Monsignor Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, a quel tempo Visitatore Apostolico in Bulgaria: egli rimaneva sempre ammirato delle attività svolte dal seminario.
Nel 1937 Padre Josaphat venne nominato Superiore provinciale di Varna, ove rimase sino al
termine della Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1948, quando i sacerdoti stranieri fu intimato di abbandonare la Bulgaria, divenne parroco di Varna. In questa città fu arrestato dalla milizia comunista nel dicembre del 1951. Per quasi un anno gli Assunzionisti non ebbero nessuna sua notizia, sino a quando i giornali non pubblicarono un atto di denuncia contro quaranta persone, tutte denunciate per spionaggio e cospirazione contro il “Potere del popolo”.
Tra loro figurava appunto anche il nome di Padre Josaphat Siskov, citato quale “una delle più vecchie spie”.
Per lui ed i confratelli Kamen Vitchev e Pavel Djidjov venne emessa la sentenza di morte il 3 ottobre 1952 e furono fucilati nella notte tra l’11 ed il 12 novembre 1952 a Sofia, capitale bulgara, insieme con il beato vescovo Eugenio Bossilkov. Il luogo della loro sepoltura nel cimitero della città non è mai stato scoperto.
I tre sacerdoti martiri sono stati beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 26 maggio 2002.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Josaphat Chichkov, pregate per noi.

*Beato Juan Ortega Uribe - Sacerdote e Martire (13 novembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017  
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Almería, Spagna, 17 novembre 1877 – 13 novembre 1936

Juan Ortega Uribe nacque ad Almería, nell’omonima provincia e diocesi, il 17 novembre 1877. Il 1 giugno 1901 fu ordinato sacerdote.
Era assegnato alla parrocchia di San Giacomo Apostolo di Almería quando morì in odio alla fede cattolica il 13 novembre 1936, nel cimitero di Almería.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Juan Ortega Uribe, pregate per noi.

*Beato Kamen Vitchev - Sacerdote e Martire (13 novembre)

Strem, 23 maggio 1893 - Sofia, 12 novembre 1952
Martirologio Romano: A Sofia in Bulgaria, beati Pietro Vicev, Paolo (Giuseppe) Džidžov e Giosafat (Roberto Matteo) Šiškov, sacerdoti della Congregazione degli Agostiniani dell’Assunzione, che, ingiustamente accusati di tradimento sotto un regime ateo e gettati in carcere in quanto cristiani, nel loro combattimento mortale meritarono di ricevere la ricompensa di eternità dei fedeli discepoli di Cristo.
Petâr Vicev nacque il 23 maggio 1893 nel villaggio bulgaro di Strem, in diocesi di Tracia e regione di Burgas, da genitori ortodossi.
L’8 settembre 1910 entrò come aspirante nella Congregazione degli Assunzionisti presso Gemp in Belgio.
Assunse così il nome religioso di Kamen. Nel 1912 iniziò gli studi teologici nella citta di Luven, che si protrassero sino all’estate 1918.
Venne quindi nominato insegnante nel collegio Sant’Agostino di Plovdiv e poi nel piccolo seminario Kum-Kapu ad Instanbul. Proprio nell’antica Costantinopoli il 22 dicembre 1921 ricevette l’ordinazione presbiterale come sacerdote di rito orientale.
Dopo aver discusso la tesi in teologia nell’Università di Strasburgo nel 1930, Padre Kamen venne nominato professore di filosofia nel suddetto collegio Sant’Agostino. Fu sovente invitato a tenere
lezioni sui temi riguardanti la gioventù e la vita pubblica. Collaborò con il giornale “Veritas” e la rivista “Le ricerche bizantine”.
Il 4 luglio1952 fu arrestato dalla milizia comunista e denunciato quale capo dello spionaggio cattolico che operava contro la sicurezza dello stato.
Non si ebbero dunque più sue notizie sino al 20 settembre 1952, quando i giornali pubblicarono sulle prime pagine un atto di denuncia contro quaranta persone accusate di essere spie contro il potere pubblico e di svolgere spionaggio in favore dei servizi segreti francesi e della Santa Sede. Padre Kamen fu inserito nella lista come primo organizzatore di questo spionaggio.
Per lui ed i confratelli Pavel Djidjov e Josaphat Chichkov venne emessa la sentenza di morte il 3 ottobre 1952 e furono fucilati nella notte tra l’11 ed il 12 novembre 1952 a Sofia, capitale bulgara, insieme con il beato vescovo Eugenio Bossilkov.
Il luogo della loro sepoltura nel cimitero della città non è mai stato scoperto. I tre sacerdoti martiri sono stati beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 26 maggio 2002.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Kamen Vitchev, pregate per noi.

*San Leoniano di Vienne - Abate (13 novembre)

† 518 circa
Martirologio Romano: A Vienne nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Leoniano, abate, che, condotto dai nemici della fede prigioniero in questa regione dalla Pannonia, fu per più di quarant’anni dapprima ad Autun e poi a Vienne santa guida di monaci e monache.
Nella Vita di Sant'Eugendo (fr. Oyend), abate di Condat nel Giura, morto nel 510, si dice che questi portava in estate una veste di cuoio che gli era stata regalata da Leoniano, abate di un monastero di Vienne.
Originario della Pannonia, Leoniano sarebbe stato fatto prigioniero dai barbari e condotto in Gallia. Durante più di quarant'anni egli avrebbe vissuto da recluso, prima ad Autun e poi a Vienne, accettando di ricevere i visitatori e di parlar loro, ma non lasciando scorgere il suo viso.
La reclusione non gli avrebbe impedito di dirigere un numeroso gruppo di monaci che viveva nei pressi della sua cella e anche di occuparsi, a Vienne, di un monastero con oltre sessanta monache.
Il valore storico della Vita di Sant'Eugendo è stato molto discusso: secondo il Duchesne essa daterebbe del VI secolo e sarebbe un documento valido, mentre per L. Krusch sarebbe stata composta soltanto nel IX secolo e non sarebbe degna di fiducia.
In queste condizioni è difficile precisare il valore della notizia relativa a Leoniano, nella biografia di sant'Eugendo.
Sembra tuttavia indubbio il fatto che egli va considerato come il fondatore di due monasteri in Vienne: uno maschile, consacrato a San Marcello, ed un femminile, chiamato Saint-André-le-Haut.
Questa seconda fondazione è, peraltro, confermata da Adone nella sua Cronaca e avrebbe avuto luogo nel tempo in cui Sant'Avito era vescovo di Vienne, e cioè tra il 490 e il 525 circa.
Nulla ci permette di confermare l’identificazione di questo recluso, abate, con un arcidiacono, anch’egli di nome Leoniano, che compare a due riprese nella corrispondenza di Sant'Avito e che, a quanto pare, apprezzava moltissimo la buona tavola.
Un sarcofago di marmo bianco, la cui iscrizione del X secolo indica essere quello di Leoniano, si trova nella cattedrale di Vienne; è decorato di bassorilievi rappresentanti un vaso da cui si eleva una vite che due pavoni vengono a beccare.
La festa di Leoniano è fissata al 13 o al 16 novembre e non compare nei Breviari di Vienne che dopo il XV secolo. Il suo culto è stato approvato da san Pio X nel 1903.
(Autore: Philippe Rouillard - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Leoniano di Vienne, pregate per noi.

*Beata Maria del Patrocinio di San Giovanni (Maria Cinta dell'Assunta Giner Gomis) - Vergine e Martire (13 novembre)

Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001

“Martiri della Guerra di Spagna”
Tortosa, Spagna, 4 gennaio 1874 - Portichol de Tavernes, Spagna, 13 novembre 1936
Beatificata l'11 marzo 2001 da Papa Giovanni Paolo II.
Martirologio Romano: Nel villaggio di Portichol de Tavernes vicino a Carcaixent nello stesso territorio della Spagna, Beata Maria Patrocinio di San Giovanni Giner Gomis, vergine dell’Istituto delle Suore Missionarie Claretiane di Maria Immacolata e martire, che nella stessa persecuzione, combattendo per la fede, ottenne la vita eterna.
Nacque a Tortosa (Tarragona, Spagna) il 4 gennaio 1874, da Gioacchino e Salvadora, e venne battezzata il giorno dopo; ancora bambina, secondo l'usanza del tempo, fu cresimata.
Nella sua numerosa famiglia di quattordici fratelli, soltanto sette giunsero all'adolescenza, e di questi uno fu religioso e sacerdote francescano e quattro religiose claustrali.
Maria Cinta a 6 anni fu affidata dai genitori, come alunna interna del collegio di Carcagente (Valenza), alla cura delle Missionarie Claretiane di Maria Immacolata, dove fu accolta dalla stessa fondatrice, la venerabile Maria Antonia Paris. In quell'ambiente di pietà, di studio e di raccoglimento sbocciò la sua vocazione religiosa.
Il 5 maggio 1892, a 18 anni, iniziò il noviziato, e il 16 settembre dell'anno seguente si consacrò al Signore con la professione dei voti, e prese il nome di Maria del Patrocinio di S. Giovanni.
Essendo l'insegnamento l'apostolato specifico delle religiose di Maria Immacolata, fu ad esso che Maria del Patrocinio dedicò i primi undici anni della sua vita di religiosa, sempre nel collegio di Carcagente.
Nella dedizione all'insegnamento si andò maturando la sua personalità, caratterizzata dalla fedeltà nell'obbedienza e dalla fortezza nell'esercizio dell'umiltà e della mitezza.
Nel 1904, a soli 30 anni, fu nominata maestra delle novizie, e svolse questo delicato incarico per diciotto anni consecutivi.
Nel 1922 venne eletta superiora della stessa comunità: furono tre anni di esemplare condotta nel governo della numerosa comunità, e lei diede esempio di fedele osservanza e di zelo apostolico.
Allenata ormai al governo, fu giudicata la persona più idonea per iniziare una nuova fondazione nella città di Sagunto, nell'archidiocesi di Valenza.
Dal 1925 al 1931 guidò quella comunità che svolgeva l'apostolato dell'insegnamento in una zona industriale: furono anni molto difficili nella storia di Spagna, che videro il passaggio dalla monarchia alla Seconda repubblica. Sagunto fu una delle città più provate, e il collegio delle Missionarie Claretiane subì fortemente le conseguenze di quel cambiamento.
Il 12 maggio 1931 il collegio fu circondato da una folla inferocita che voleva incendiare l'edificio e uccidere le religiose. In quell'occasione la serva di Dio diede prova della sua fortezza e fedeltà alla vocazione: sfidando le minacce, anzitutto si prese cura dell'Eucaristia per evitare un'eventuale profanazione, quindi rivolse alle consorelle parole di incoraggiamento, disponendole al martirio. Tragico evento che si compirà cinque anni dopo.
Lasciata Sagunto, le religiose erano ritornate nella comunità di Carcagente, dove la Giner Gomis venne nominata di nuovo superiora.
Il 13 maggio 1936, all'inizio della guerra civile spagnola, il convento fu incendiato e la comunità dispersa.
Dopo mesi di grandi prove, la serva di Dio venne arrestata il 13 novembre di quello stesso anno e fu condotta al sacrificio supremo in quella stessa notte.
Del suo martirio rimane la testimonianza degli stessi carnefici, che commentarono le sue ultime parole di fedeltà, di perdono e di esortazione alla conversione: «Togliendomi la vita voi mi fate un grandissimo bene..., prego per voi, vi perdono..., pentitevi».
La Positio super martyrio della serva di Dio è stata consegnata alla Congregazione delle Cause dei Santi il 13 maggio 1997, insieme a quelle di altre sette martiri, e le otto cause sono state registrate sotto l'unica indicazione di «Martiri di Valenza».
(Autore: Gerardo Ruiz – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria del Patrocinio di San Giovanni, pregate per noi.

*Beata Maria Teresa di Gesù (Maria Scrilli) - Fondatrice (13 novembre)

Montevarchi, Arezzo, 15 maggio 1825 – Firenze, 14 novembre 1889
Maria Teresa di Gesù (al secolo Maria Scrilli), sin giovinezza aderì alla spiritualità carmelitana, che incarnò nell'attività apostolica.
Si consacrò all'educazione della gioventù femminile e alla carità verso i bisognosi. Con alcune compagne fondò a Montevarchi (Arezzo) un nuovo istituto religioso, oggi chiamato Congregazione
delle Suore di Nostra Signora del Carmelo.
Le vicende di quest’opera furono molto travagliate, soprattutto a causa delle vicende politiche dell’unità d'Italia.
Il buon seme gettato dalla fondatrice si sviluppò dopo la sua morte. Fu dichiarata “venerabile” il 20 dicembre 2003 ed il miracolo per la sua beatificazione è stato riconosciuto il 19 dicembre 2005. E' stata dichiarata "beata" l'8 ottobre 2006.
Maria Scrilli, questo il suo nome all’anagrafe, nacque a Montevarchi, in provincia di Arezzo e diocesi di Fiesole, il 15 maggio 1825.
La famiglia era benestante e tra quelle maggiormente in vista del paese. I coniugi Scrilli attendevano da questa seconda nascita l’erede maschio e da qui si originò il disaffetto della mamma nei confronti della piccola che, quando fu in grado di recepirlo, sin dalla più tenera età ne soffrì parecchio. Il disamore materno non chiuse però il suo cuore, anzi lo dilatò aprendolo all’amore e rendendolo sensibile alle sofferenze altrui.
Nell’adolescenza Maria subì una grave malattia che la trattenne immobile nel letto per ben due anni ed infine guarì miracolosamente dopo aver invocato l’intercessione del santo martire Fiorenzo. La lunga convalescenza si rivelò occasione propizia per capire che il Signore la chiamava ad una vita di consacrazione, perciò decise di entrare nel monastero carmelitano di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi in Firenze, scontrandosi così con l’avversa volontà dei suoi genitori.
Rimase però nel convento solo due mesi, nei quali maturò per ispirazione divina la certezza che il Signore le chiedesse qualcos’altro.
Dopo la breve esperienza nel monastero carmelitano di Firenze, Maria Scrilli fece dunque ritorno in famiglia, a Montevarchi, tentando di discernere quale potesse essere veramente il progetto di Dio su di lei e nel frattempo si dedicò all’educazione delle bambine che alcune famiglie avevano affidato alle sue premurose cure.
Per sovvenire allora a tali richieste aprì in casa una piccola scuola per dare a queste fanciulle, oltre all’educazione morale e civile, anche quella religiosa, instillando nelle loro anime un santo timore di Dio e l’amore della virtù. A lei si unirono alcune giovani nelle quali ardeva lo stesso amore per Dio e per le anime.
Questo piccolo gruppo, nel quale rifulgeva un enorme spirito di sacrificio, diede così un così ammirevole esempio di abnegazione tanto da essere ammirato dal Gonfaloniere del paese e dal
Sovrintendente alle Scuole, che il 3 maggio 1852 affidarono loro le Scuole Normali Leopoldine.
Tutto ciò le fece lentamente capire a Maria la necessità di fondare un istituto religioso volto esclusivamente all’educazione della gioventù dell’età più precoce sino alla completa adolescenza.
Il 15 ottobre 1854, ottenuta l’approvazione del suo vescovo e del granduca di Toscana Leopoldo II d’Asburgo, indossò insieme a tre sue compagne l’abito carmelitano, dando così inizio all’Istituto oggi conosciuto come Congregazione delle Suore di Nostra Signora del Carmelo. Assunse in religione il nome di Maria Teresa di Gesù.
Piene di amore di Dio e di zelo apostolico, in poco tempo le tre suore videro aumentare il numero delle alunne e delle aspiranti tanto che nella primavera del 1856 la Madre, su richiesta del Comune di Foiano, poté inviare alcune sue compagne per la direzione delle Scuole Femminili del paese, ove la loro presenza e la loro opera fu molto apprezzata.
Purtroppo la situazione politica, l’anticlericalismo e la massoneria imperanti all’epoca, fecero sì che la nuova istituzione morisse sul nascere. I politici di Montevarchi, che non vedevano di buon occhio la presenza di suore in paese, nel 1859 con la legge parziale di soppressione privarono le carmelitane della scuola e le intimarono a non indossare i loro abiti religiosi.
Le religiose non si diedero però affatto per vinte e la fondatrice aprì una casa con scuola privata nella sua stessa Montevarchi, continuando in tal modo l’opera di apostolato. Per la ristrettezza dei nuovi locai e per non dar luogo ad altri spiacevoli inconvenienti, la madre ed alcune compagne si stabilirono nella sua casa paterna.
Calpestato infine anche il diritto di ogni cittadino di guadagnarsi il pane con il proprio lavoro e quindi anche di avere una scuola privata, furono costrette nel 1862 a chiudere la scuola ed a tornare ciascuna nella propria famiglia nell’attesa di tempi migliori.
Madre Maria Teresa si trasferì a Firenze il 18 marzo 1878, ove con la benedizione dell’arcivescovo poté finalmente ricostituire la sua comunità. Qui aprì una scuola per le fanciulle povere ed un convitto interno, che donò alla società fiorentina tante ragazze dai sani principi.Tutto, dopo tante peripezie, pareva andare finalmente per il meglio: la scuola era assai frequentata, le convittrici costituivano un bel gruppetto, ma le tribolazioni non erano purtroppo terminate.
Il Signore chiamava sovente a sé parecchie di quelle religiose, a motivo della vita troppo austera che conducevano e per gli ambienti poco salubri che occupavano, ed infine toccò anche alla
fondatrice, dopo che molteplici e lunghe sofferenze, nonché le vicende avverse ne avevano minato alquanto la precaria salute.
Il 14 novembre 1889 presso FIrenze, dopo aver sopportato tutto con santa rassegnazione, Madre Maria Teresa lasciò questa terra per ricongiungersi allo suo celeste Sposo.
Per l’ennesima volta sembrò che tutto stesse per finire. L’Istituto non contava che due suore: Suor Giovannina e Suor Vittoria, oltre alla novizia Suor Giuseppa e la postulante Assunta Pierucci. A Suor Giovannina fu addossato il grave peso di croci, miserie e tribolazioni.
Tra le convittrici vi fu per un certo tempo Clementina Mosca e le suore videro in lei un’ottima vocazione per l’Istituto. Entrata nel monastero domenicano al Sodo, pochi giorni dopo la morte della Madre Scrilli il 1º dicembre 1889 Clementina preferì entrare a far parte della minuscola comunità carmelitana ed alla morte della Madre Giovannina prese lei stessa le redini dell’Istituto che pian piano cominciò a fiorire. Durante le guerre mondiali le suore furono solleciti nell’alleviare i feriti che giungevano dal fronte.
Seguendo le necessità dei tempi il loro apostolato si estese poi all’assistenza alle carcerate presso Ancona ed in seguito all’assistenza degli anziani nelle case di riposo. Il 1919 fu uno degli anni più importanti per l’Istituto, perchè furono aperte nuove case, vi fu la stesura delle Costituzioni ed emersero numerose vocazioni. Sempre in tale anno l’Istituto ottenne l’approvazione diocesana “ad experimentum”, per poi giungene il 27 febbraio 1933 all’approvazione pontificia con Decreto della Sacra Congregazione dei Religiosi.
Ancora oggi l’Istituto continua a vivere il carisma e la spiritualità della Madre Maria Teresa Scrilli in tute le nazioni in cui si trova ad operare: Italia, Stati Uniti, Canada, Polonia, India, Brasile, Repubblica Ceca, Filippine.
Nonostante la sua sfortunata e frastornata esistenza terrena, il ricordo e la venerazione per la fondatrice non è mai venuto meno nella congregazione. Intrapreso dunque il processo di canonizzazione per Madre Maria Teresa di Gesù (al secolo Maria Scrilli), a portato sino ad oggi al riconoscimento del titolo di “venerabile” il 20 dicembre 2003 da parte di Giovanni Paolo II ed un miracolo avvenuto per sua intercessione è stato riconosciuto il 19 dicembre 2005 dal pontefice Benedetto XVI. La cerimonia di beatificazione ha avuto luogo nell'Anfiteatro Romano di Fiesole l'8 ottobre 2006.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beata Maria Teresa di Gesù, pregate per noi.

*Santa Maxellendis - Vergine e Martire (13 novembre)

† 670 circa
Donzella dì Cambrai che, avendo scelto Cristo come sposo, rifiutò il fidanzato al quale era stata promessa dai suoi genitori. Indignato, il pretendente la trafisse con la spada.
Martirologio Romano: Nel territorio di Cambrai in Francia, santa Massellenda, vergine e martire, che, come si tramanda, avendo scelto Cristo come sposo, si rifiutò di seguire l’uomo a cui era stata promessa dai suoi genitori e morì, così, da lui trafitta con la spada.
Santa Maxellendis, secondo un racconto non molto attendibile nei dettagli risalente al X secolo,
nacque a Caudry nei pressi di Cambrai da nobili genitori, Umolino e Ameltrude. Giunta in età da marito non mancarono i pretendenti, ma i genitori scelsero per lei Arduino di Solesmes.
Quando la ragazza fece presente al padre che i suoi progetti erano altri, questi replicò tendando di dissuaderla a servire Dio come moglie e madre, come d’altronde non poche sante nella storia hanno fatto.
Maxellendis chiese del tempo per pensarci, ma un angelo le apperve per confermare la sua scelta e dunque lei informò il padre di voler diventare monaca.
Tuttavia anche i genitori si mostrarono altrennato decisi, tanto da iniziare i preparativi per il matrimonio contro la sua volontà. Per evitare la cerimonia Maxellendis fu costretta a rifugiarsi con la sua balia presso Cateau-Cambresis, ma Arduino ed i suoi amici scovarono il nascondiglio e la rapirono.
La giovane riuscì fortunosamente a liberarsi e stava già scappando quando il promesso sposo la colpì furiosamente con la spada, uccidendola.
Immediatamente Arduino rimase misteriosamente accecato. Maxellendis fu sepolta in una chiesa nei dintorni, ma visti i numerosi miracoli verificatisi sulla sua tomba nel 673 Vindiciano, vescovo di Cambrai, fece traslare le sue reliquie nella chiesa di Saint-Vaast a Caudry.
Arduino, che aveva fatto richiesta di poter partecipare alla processione, cadde in ginocchio al passaggio della bara. Pentendosi dunque del suo crimine e domandando perdono a Dio, recuperò all’istante la vista.
Le requie della santa in precedenza erano già state traslate ben due volte. Oggi Santa Maxellendis è ancora festeggiata nella diocesi di Cambrai.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Santa Maxellendis, pregate per noi.

*San Mitrio (Mitria) - Venerato a Aix-en-Provence (13 novembre)
IV sec.
Martirologio Romano:
Ad Aix-en-Provence nella Gallia narbonense, ora in Francia, san Mitria, che, sebbene di condizione servile, libero tuttavia in Cristo, migrò vincitore da questo mondo.
La vita di san Mitrio (lat. Mitrias; fr. Mitre) ci è nota attraverso due fonti: Gregorio di Tours e una Vita tramandata da un ms. di Chartres.
Data la loro rassomiglianza è probabile che ambedue derivino da una fonte comune andata perduta.
Non ci è pervenuta alcuna biografia autentica e, in complesso, non sappiamo molto di questo Mitrio; ignoriamo anche se sia un confessore o un martire.
Gregorio di Tours si basa sul sentito dire e parla di lui come «concessus aquisentibus, servus conditione, saeculo vitto abscessus».
La tradizione è molto confusa: illustre atleta di condizione servile per quanto di origine nobile» greco, vissuto in epoca incerta (forse nel IV secolo), sarebbe stato talmente tormentato dal proprio padrone da pervenire alla morte, dopo aver sopportato con obbedienza e umiltà tutte le sofferenze che questo aveva voluto infliggergli. Perciò nel IX secolo Adone, nel suo Martirologio, lo definisce «martire».
Nelle campagne di Aix una vecchia cappella, presso a poco dello stesso secolo, ne conserva il ricordo e nel 1480 un dipinto della scuola di Nicola Froment nella cattedrale di Aix lo raffigura cefaloforo. La narrazione dei miracoli attribuiti a Mitrio è recente: si dice di lui che possa rendere le forze ai sofferenti nel fisico e nel morale.
Nel secolo XIX vi è stato il ritorno di interesse ad suoi riguardi: secondo Mitrio de Mantener si tratterebbe non di un santo locale, ma di uno straniero che potrebbe essere identificato con Demetrio, martire a Perinto il 14 novembre del 305 o 306, le cui spoglie sarebbero state trasferite in Provenza con quelle di Genesio d’Arles da San Saturnino, di ritorno dal concilio di Costantinopoli.
Tale identificazione, pur non suffragata da prove, è possibile: è significativo, infatti, ritrovare nella stessa diocesi due santi i cui nomi sono quelli dei due martiri di Perinto, nomi greci cioè, anche se il greco era poco diffuso in Provenza nei primi secoli.
Per di più, Demetrio e Mitrio sono festeggiati nello stesso giorno, il 13 novembre, l’uno ad Aix, l’altro a Costantinopoli.
Questo spiegherebbe la scarsa consistenza della leggenda primitiva (la Vita di Chartres) che verosimilmente non è stata scritta prima del secolo XI.
La tomba di Mitrio sarebbe stata custodita fuori delle mura, in un santuario a lui dedicato che, in seguito agli sconvolgimenti del secolo XIV, divenne cattedrale e prese come titolari, il santo Salvatore e Nostra Signora, mentre Mitrio veniva dimenticato.
Le sue spoglie vennero prima trasferite, il 24 novembre 1388 a Notre-Dame-de-la-Sed, dove sarebbero rimaste fino al 1635, epoca in cui se ne sono perdute le tracce.
I diplomi e i documenti relativi a Mitrio sono certo poco numerosi, ma egli è sicuramente il santo onorato ad Aix sin da tempi antichi, ancor prima di san Massimino.
Il suo culto sembra si sia sviluppato ad Aix nello stesso modo di quello di san Genesio ad Arles o di san Vittore a Marsiglia, ma, non avendo beneficiato dell’aiuto o del sostegno di una ricca abbazia o di una chiesa importante, svanì a poco a poco senza sopravvivenze. Tuttavia al santo è stata dedicata recentemente una chiesa moderna.
(Autore: Marie-Odile Garrigues - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Mitrio, pregate per noi.

*San Niccolò I - 105° Papa (13 novembre)
Roma, 819/822 - Roma, 13 novembre 867
(Papa dal 24/04/858 al 13/11/867)

Romano, riaffermò con decisione la sua autorità davanti alle rivendicazioni autonomiste di diverse Chiese nazionali e provinciali, così come davanti all'Imperatore e alla Chiesa greca.
Martirologio Romano: A Roma presso San Pietro, San Nicola I, Papa, che si impegnò con vigore apostolico a rafforzare l’autorità del Romano Pontefice in tutta la Chiesa di Dio.
Niccolò nacque a Roma probabilmente nei primi venti anni del sec. IX, lo si può dedurre dalla notizia certa che fu ordinato suddiacono da Papa Sergio II che pontificò dall’844 all’847.
Suo padre Teodoro volle per lui un’educazione colta con predilezione per le lettere, questo fece sì che il giovane Niccolò fu presto introdotto alla corte pontificia. Ebbe la stima dei papi Sergio II, Leone IV e Benedetto III che lo considerò più di un parente, consultandolo in ogni importante questione.
Cosìcché fu quasi logico che alla morte di Papa Benedetto III avvenuta il 7 aprile 858, Niccolò venisse eletto a succedergli col favore di tutti e consacrato Papa il 24 dello stesso mese.
Pontificò circa dieci anni con una personalità piena di fede profonda e completamente devota al prestigio della Chiesa Universale, al di sopra dei partiti, rendendolo bene accetto sia ai romani che all’imperatore Lodovico II, il quale gli riservò onore e rispetto.
Conosciamo molto bene l’attività apostolica di Niccolò I, egli dovette intervenire contro l’arcivescovo Giovanni VIII di Ravenna (861) comminandogli anche la scomunica, per riportarlo
all’ubbidienza al Papa romano, proibendogli di appropriarsi dei beni appartenenti alla Chiesa e per la sua violenza contro i vescovi delle diocesi suffraganee, fedeli a Roma.
Altra disputa che lo vide protagonista ed arbitro fu quella con Lotario II re di Lorena, il quale respinta e chiusa in un monastero la sua consorte Teutberga conviveva con una certa Valdrada e ricorrendo a calunnie, minacce, torture, richiedeva ai vescovi locali il divorzio per poterla sposare. I vescovi di Lorena, nel Sinodo di Aquisgrana dell’862, arrendevoli alle astuzie del re, accettarono la confessione d’infedeltà di Teutberga, senza tener conto che le era stata estorta con la violenza, poi Lotario II sposò Valdrada che divenne regina.
Seguì un appello al papa dalla deposta regina, il quale intervenne contro i vescovi consenzienti scatenando disubbidienze, scomuniche e ritorsioni da parte di due di loro, quali si rivolsero all’imperatore Lodovico II fratello di Lotario; l’imperatore decise di agire con la forza e al principio dell’864 venne a Roma con le armi, invadendo con i suoi soldati la città leonina, disperdendo anche processioni religiose. Niccolò dovette lasciare il Laterano e rifugiarsi in San Pietro, ma infine l'imperatore cedette ai decreti del papa e costrinse anche i due arcivescovi ribelli Guntero di Colonia e Teutgardo di Treviri ad accettare la sentenza papale.
Mentre in Occidente Niccolò I combatteva per affermare il primato del papa sia con i re sia con i metropoliti, in Oriente dovette combattere contro le pretese delle Autorità politiche ed ecclesiastiche di Costantinopoli.
L’epicentro si ebbe con la questione di Fozio; questi già capo cancelleria del giovane imperatore Michele III, uomo molto erudito ma anche molto ambizioso, fu eletto patriarca di Costantinopoli
da Bardas primo ministro il quale in precedenza aveva deposto il patriarca s. Ignazio nell’858.
Essendo un laico, in soli sei giorni ricevette tutti gli Ordini sacri. Tutto ciò provocò il sorgere di due contrapposte fazioni, l’imperatore invitò il papa ad arbitrare la questione in un Concilio tenuto nell’aprile dell’861. Ne seguì un lungo periodo di controversie, destituzioni da incarichi, ecc. che deteriorarono anche i rapporti fra l’imperatore e il Papa, Fozio giunse ad ergersi giudice del Papa accusandolo di eresia, fu deposto dopo la morte violenta di Bardas e Michele III e di nuovo sostituito con Ignazio.
Il suo pontificato fu tutto un energico affermare la superiorità della Chiesa nelle cose religiose come soprattutto elezione e deposizione delle cariche vescovili e nel contempo raccomanda che i consacrati non si intromettano nel governo delle cose di questo mondo.
Morì il 13 novembre 867 e fu sepolto nell’atrio della Basilica di San Pietro davanti alle porte; nel 1630 il suo nome compare nel Martirologio Romano al 6 dicembre, ma poi la S. Congregazione dei Riti l’8 luglio 1883 lo pone definitivamente al 13 novembre.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Niccolò I, pregate per noi.

*Sant'Omobono di Cremona - Laico (13 novembre)

Cremona, prima metà secolo XII - 13 novembre 1197
Oltre a essere patrono di Cremona, Omobono Tucenghi è protettore di mercanti, lavoratori tessili e sarti.
Egli stesso, infatti, fu commerciante di stoffe stimatissimo in città. Era abile negli affari e ricco. Oltretutto viveva solo con la moglie, senza figli.
Ma il denaro - nella sua concezione della ricchezza, vista non fine a se stessa - era per i poveri.
La sua azione lo portò ad essere un testimone autorevole in tempi di conflitto tra Comuni e Impero (Cremona era con l'imperatore).
Quando morì d'improvviso, il 13 novembre del 1197, durante la Messa, subito si diffuse la fama di santità. Innocenzo III lo elevò agli altari già due anni dopo. Riposa nel duomo di Cremona. (Avvenire)
Patronato: Cremona, Mercanti, Lavoratori tessili, Sarti
Martirologio Romano: A Cremona, sant’Omobono, che, negoziante, mosso da carità per i poveri, rifulse nel raccogliere ed educare i ragazzi abbandonati e nel riportare la pace nelle famiglie.
All’alba di un giorno d’autunno, in una chiesa cremonese accade un fatto impressionante. Un cittadino molto popolare e amato, Omobono Tucenghi, è come sempre al suo posto per partecipare alla Messa. Ma a un tratto lo si vede impallidire, afflosciarsi, e chi per primo cerca di soccorrerlo s’accorge che è già morto.
D’improvviso, senza un lamento, senza soffrire. La morte serena che ognuno si augura. "E che mastro Omobono si meritava", devono aver aggiunto molti intorno a lui, nella chiesa intitolata a sant’Egidio (qui sotto, la scena rappresentata in un Codice).
Omobono Tucenghi, infatti, è un uomo che, senza privilegi di nascita o prestigio di funzioni, ha saputo diventare nella sua città una “forza” solo per le doti personali e l’esempio della sua vita.
E’ un mercante di panni e negli affari è abilissimo. Ormai lo circonda un rispetto universale, anche con qualche cenno di compatimento: lui e sua moglie, infatti, non hanno avuto figli. Sono soli. Con tutti quei soldi che il commercio ha portato loro, in quest’epoca di vitalità straordinaria e turbolenta in tante città italiane ormai passate
all’autogoverno.
Ma nel pensiero di questi coniugi, e soprattutto nel loro comportamento, c’è come un profumo di Chiesa primitiva: possiamo dire che anch’essi continuamente "depongono ai piedi degli apostoli" denaro guadagnato col commercio, come avveniva nella piccola comunità di Gerusalemme.
Non negli scritti e nemmeno in discorsi che nessuno ci ha tramandato, ma con questi gesti precisi e continui Omobono rivela la sua chiara concezione circa il denaro che guadagna: su di esso hanno precisi diritti i poveri.
Le monete sono mezzi d’intervento per il soccorso alla miseria.
In tempi di rissa continua nelle città e fra le città (Cremona, nel conflitto tra Comuni e Impero, è schierata dalla parte imperiale) si ricorre alla sua autorità per arginare la violenza.
E Omobono è pronto al servizio fraterno anche così: con la parola contribuisce a rendere più vivibile la città, con la parola inerme ma autorevole, perché è lo specchio di una vita grande.
Ecco perché la sua morte, avvenuta nel momento in cui dall’altare s’intonava il Gloria, ha scosso tutta la città.
Non solo.
Si sparge una voce insistente: mastro Omobono fa miracoli! Cominciano i pellegrinaggi alla sua tomba, il vescovo Sicardo e una rappresentanza cittadina si rivolgono a papa Innocenzo III.
E questi canonizza Omobono già il 13 gennaio 1199, a meno di due anni dalla morte.
Un Santo laico, un Santo imprenditore, un commerciante del ramo tessile posto sugli altari già ottocento anni fa.
Proclamato patrono cittadino dal Consiglio generale di Cremona nel 1643, Sant’Omobono è venerato anche come protettore dei mercanti e dei sarti. Il suo corpo si conserva in una cripta della cattedrale di Cremona.
(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Sant'Omobono di Cremona, pregate per noi.

*Beato Pascual Roda Díaz - Laico e Martire (13 novembre)

Beato Pascual Roda DíazSchede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Almería, Spagna, 17 novembre 1877 – 13 novembre 1936

Pascual Roda Díaz nacque ad Almería, nell’omonima provincia e diocesi, il 30 marzo 1908.
Di professione avvocato, era membro dell’associazione dell’Adorazione Eucaristica notturna.
Morì in odio alla fede cattolica il 13 novembre 1936, nella località di Campamento de Viator presso Almería.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte:Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Pascual Roda Dìaz, pregate per noi.

*Beato Pavel Djidjov - Sacerdote e Martire (13 novembre)

Plovdiv, Bulgaria, 19 luglio 1919 - Sofia, Bulgaria, 12 novembre 1952
Martirologio Romano: A Sofia in Bulgaria, beati Pietro Vicev, Paolo (Giuseppe) Džidžov e Giosafat (Roberto Matteo) Šiškov, sacerdoti della Congregazione degli Agostiniani dell’Assunzione, che, ingiustamente accusati di tradimento sotto un regime ateo e gettati in carcere in quanto cristiani, nel loro combattimento mortale meritarono di ricevere la ricompensa di eternità dei fedeli discepoli di Cristo.
Giuseppe Dzjidzjov nacque nella città bulgara di Plovdiv il 19 luglio 1919, da una famiglia cattolica di rito latino. Dal 1926 divenne allievo della scuola degli Assunzionisti Sant’Andrea nel suo paese natale. Dal 1931 al 1938 studiò nel collegio Sant’Agostino, sempre nella medesima città.
Il 2 febbraio 1938 entrò finalmente come aspirante Assunzionista a Noseroa, in Francia, ed assunse il nome religioso di Pavel.
Studiò filosofia e teologia a Lormoa, nei pressi di Parigi, fino al 1942, anno in cui fece la sua professione perpetua.
Costretto poi da una malattia a rientrare in Bulgaria, continuò come studente irregolare gli studi teologici. Il 26 gennaio 1945 a Plovdiv ricevette l’ordinazione presbiterale come sacerdote di rito
latino. Fu inviato a Varna per studiare economia e scienze sociali, allo scopo di delegargli in seguito le varie attività relative alle case e la gestione economica della missione.
Padre Pavel, studente molto bravo ed attivo, esercitava una positiva influenza sui suoi compagni. Con coraggio non nascose mai le sue idee e convinzioni anticomuniste e quindi, proprio per questo, venne tenuto strettamente sotto controllo dai servizi segreti della nuova dirigenza bulgara.
I suoi superiori gli affidarono dunque l’incarico di economo del collegio Sant’Agostino in Plovdiv e più tardi economo del Vicariato Orientale.
Seguito costantemente dalla milizia comunista, durante la notte del 4 luglio 1952 fu arrestato nel seminario assunzionista di Plovdiv, insieme con Padre Kamen Vicev.
Pavel Dzjidjov figurava secondo nella lista dei denunciati.
Per lui ed i confratelli Kamen Vitchev e Josaphat Chichkov venne emessa la sentenza di morte il 3 ottobre 1952 e furono fucilati nella notte tra l’11 ed il 12 novembre 1952 a Sofia, capitale bulgara, insieme con il Beato vescovo Eugenio Bossilkov.
Il luogo della loro sepoltura nel cimitero della città non è mai stato scoperto. I tre sacerdoti martiri sono stati beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 26 maggio 2002.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

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*San Quinziano - Vescovo di Rodez e Clermont (13 novembre)

Alvernia, V-VI secolo
Etimologia: Quinziano = (come Quinto) il quinto figlio nato, dal latino
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Clermont-Ferrand in Aquitania, ora in Francia, san Quinziano, vescovo, che dapprima tenne la sede di Rodez e poi, mandato poi in esilio dai Goti, divenne vescovo di questa città.
Si parla di San Quinziano in forma senz’altro attendibile nella “Vitæ Patrum” scritta dallo storico San Gregorio vescovo di Tours, il quale oltre ad essere quasi contemporaneo del santo, era originario come lui dell’Alvernia.
San Quinziano era di razza africana e per le sue doti di zelo e virtù, fu scelto come vescovo di Rodez, fu presente all’importante Concilio di Agde del 506, formato da vescovi dei territori visigoti, in cui si promulgò un vero codice della vita cristiana del tempo.
Si narra che il suo predecessore Sant'Amanzio, gli apparve per rimproverarlo di aver spostato la sua spoglia e per annunciargli che sarebbe stato punito con l’esilio.
Recatosi nel 511 al Concilio di Orléans, convocato dal re franco Clodoveo, fu accusato dai Visigoti di essere favorevole ai Franchi per la conquista del Paese e per questo dovette rifugiarsi a Clermont, alcuni vescovi di altre diocesi gli fornirono i mezzi per sostenersi.
Nel 515 morì il vescovo di Clermont Eufrasio, che l’aveva accolto e il popolo, com’era consuetudine in quei tempi, scelse Quinziano a succedergli; ma lui si ritirò per dare spazio ad Apollinare, figlio del celebre San Sidonio Apollinare (430-480), ma questi morì nel giro di qualche mese e allora il re franco Teodorico I († 534) lo chiamò al vescovato; ebbe a soffrire per una certa ostilità del clero, ma alla fine tutto venne superato con la pazienza.
San Gregorio di Tours riporta che era molto erudito nelle Scritture Ecclesiastiche, attivo per pietà verso i poveri e gli ossessi e che operava miracoli; indipendente verso i potenti, visse fino a tarda età; Quinziano morì nel 525 e fu sepolto nella chiesa di Santo Stefano di Clermont.
Successivamente fu spostato nella chiesa dei Santi Sinforiano e Genesio di Clermont, dov’è tuttora venerato.
Un Martirologio dell’Alvernia del sec. XI lo riporta al 10 novembre, mentre il ‘Martirologio Romano’ lo celebra il 13 novembre.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Quinziano, pregate per noi.

*Beato Roberto Montserrat Beliart - Sacerdote e Martire (13 novembre)

Schede dei Gruppi a cui appartiene:
" Beati Martiri Spagnoli Figli della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe" - Senza Data (Celebrazioni singole)
" Beati 522 Martiri Spagnoli" Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole)
" Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza data (Celebrazioni singole)
Sacerdote novello, progettava di fuggire in un istituto in Argentina. Era molto entusiasta della sua vocazione religiosa e sacerdotale.
Liturgista e un buon musicista.

Il Sabato 18 luglio 1936 ha celebrato una Santa Messa per dire addio alle loro famiglie nel santuario della Misericordia della sua città natale.
Tornando a Barcellona, domenica 19, e non poteva rientrare al seminario.
Nel nascondimento, opera a Barcellona, ma il 13 novembre fu arrestato con altri sacerdoti nella foresteria dove ha vissuto e portato a Sant'Elia, sono stati uccisi lo stesso giorno il muro del cimitero Montcada.
Il 18 agosto, era stati giustiziati anche suo padre e suo fratello Vittorino, a Alcover (Tarragona), in quanto cattolici e parenti di un sacerdote.
I suoi resti non sono stati localizzati.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Roberto Montserrat Beliart, pregate per noi.

*Beato Veremondo (Varmondo) Arborio di Ivrea - Vescovo (13 novembre)

Vercelli, 930 circa – Ivrea, Torino, 1011
È uno dei più illustri pastori della Chiesa eporediese. Veremondo nasce intorno al 930 dalla nobile famiglia vercellese degli Arborio e studio a Pavia dove, sembra, divenne avvocato.
Su indicazione dell'imperatore Ottone I, venne scelto come guida della diocesi di Ivrea, tra il 983 e il 984, città piemontese che allora era sede di un importante marchesato.
Nel 969 presenziò al Sinodo di Milano dove vennero riorganizzate le diocesi del Piemonte meridionale devastate dalle incursioni dei Saraceni. Nella guida alla diocesi si distinse nell'abbinare la carità evangelica alla fermezza della giustizia soprattutto nell'affrontare la questione relativa al marchese Arduino il quale mirava a realizzare un regno d'Italia laico, libero dalle ingerenza della Chiesa.
Morì tra il 1010 e il 1014; è stato beatificato da Pio IX nel 1857 ed è sepolto nella Cattedrale di Ivrea. (Avvenire)
Emblema: Mitra, Pastorale
Martirologio Romano: A Ivrea in Piemonte, commemorazione del beato Varmondo, vescovo, che fu insigne per la sua viva fede, la pietà e l’umiltà, rivendicò la libertà della Chiesa dalle insidie dei potenti, costruì la cattedrale e promosse la vita monastica e istituì una scuola episcopale.
Uno dei più illustri pastori che la chiesa eporediese può vantare nei tanti secoli della sua storia, è senza dubbio Veremondo.
Nato intorno al 930, dalla nobile famiglia vercellese degli Arborio, studiò a Pavia, dove sembra abbia conseguito il titolo di avvocato; su indicazione dell’imperatore Ottone I venne scelto come guida della diocesi di Ivrea (983 – 84), città allora sede di un importante marchesato.
E’ documentata la sua presenza al sinodo di Milano, nel 969, convocato per la riorganizzazione delle diocesi del Piemonte meridionale devastate dalle incursioni e dalle scorrerie saracene. Il ruolo di pastore e di guida civile per la comunità, viene svolto da Veremondo con particolare abilità, abbinando la carità evangelica alla fermezza della giustizia.
In particolare queste sue doti si rivelano importanti nel contesto della delicata questione relativa al marchese Arduino che, appoggiato dai feudatari laici, infatti, mirava a realizzare il suo progetto politico di un regno d’Italia, libero dalle ingerenze della Chiesa e dell’Impero. Contro di lui il Santo
vescovo lanciò una scomunica, poi confermata anche dal pontefice, per ribadire la piena e legittima libertà della Chiesa.
Il suo impegno di vescovo comprese anche un rinnovato impulso culturale e didattico: fece, infatti, aprire una scola vescovile in cui volle realizzare l’importante attività di copiatura e decorazione dei testi.
A lui si deve anche la riedificazione dell’antica cattedrale di Santa Maria, in cui fece collocare le reliquie del presunto martire tebeo San Tegolo, rinvenute nei pressi della città. San Veremondo concesse inoltre importanti privilegi alla fondazione monastica di Fruttuaria, retta dal primo abate Guglielmo da Volpino, comprendendo l’importanza che una tale istituzione poteva avere nel contesto del suo territorio diocesano.
La sua intensa attività venne interrotta dalla morte avvenuta in un anno imprecisato tra il 1010 ed il 1014; sulla sua tomba venne posto un cenotafio da lui stesso preparato, mentre il popolo iniziò a venerarne la santa memoria, anche se la conferma ufficiare del suo culto venne però solamente nel 1857, sotto il pontificato di Pio IX.
La sua memoria, già celebrata il 9 agosto, è attualmente fissata al 13 novembre, giorno in cui la chiesa eporediese fa memoria di tutti i suoi santi pastori.
Le sue reliquie sono custodite nella cattedrale della città, luogo in cui sono anche visibili i più significativi esempi della sua iconografia, che non presenta particolari elementi che la diversifichino da quella classica dei santi vescovi.
(Autore: Damiano Pomi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - pregate per noi.

*Altri Santi del giorno
*San Diego - Religioso
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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